Colle Pardo, per la sua posizione geografica, per l’esposizione panoramica e per la ricchezza dei reperti storici ed archeologici che conserva, ha vocazione, più di ogni altro luogo, ad essere un Bene pubblico per i cittadini del Castelli Romani ed anche a livello nazionale ed internazionale.
Il Colle si eleva, come un monumento naturale, sul Santuario della Madonna di Galloro, col ciuffo di pini sulla vetta, baluardo superbo e maestoso verso il mare, che tiene insieme uniti i borghi di Genzano e di Ariccia, nel versante Est – Ovest, e si distende su Vallericcia e sui territori collinari agricoli di Genzano e di Lanuvio.
Idealmente, attraverso l’Appia, tiene uniti i due Palazzi nobiliari delle città di Genzano e di Ariccia: Palazzo Sforza Cesarini e Palazzo Chigi, legando, possiamo dire, due popoli, in uno stesso destino.
In questo legame possiamo comprendere Nemi, dal famoso Nemus Aricinum, dall’area sacra del bacino del lago omonimo e del museo delle navi; Albano e Lanuvio, altrettanto ricchi di storia e di mitologia. In una moderna visione della Lega dei Popoli Latini, possiamo comprendere i Borghi di Marino, Castel Gandolfo e Rocca di Papa, situati dentro o intorno al polmone verde del Parco dei Castelli.
La sommità del Colle è un’Acropoli naturale, su cui possono convergere, attraverso antichi percorsi, in particolare l’Appia Antica, la Regina delle vie, tutti i luoghi d’intorno. Dalla vetta, coronata da storici pini, si ammira verso Est la struttura architettonica dei Salesiani di Genzano e il Palazzo Sforza Cesarini; sul lato Ovest si spalanca alla vista Vallericcia, con la caldera vulcanica e l’area archeologica che è da riscoprire. E poi la rocca di Ariccia, Palazzo Chigi e, in lontananza, Roma. Tra i suoi marmi splendenti si indovina persino la Cupola di S.Pietro. A nord infine tra i boschi del Parco dei Castelli svetta monte Cavo, antica sede del tempio di Giove Laziaris, luogo religioso centrale dei popoli Latini.
A. Bresciano, padre Gesuita dell’800, ne Il ritorno dell’Esule, fa notare che da: Colle Pardo de’ Iacobini, corre la vista sino a Laurento, ad Ardea. ad Anzio, e giù per la marina dai colli di Lanuvio sino al Capo Circeo, ove ebbero l’alto seggio i primi Polasgi, e la reina Circe edificò le alto moli ciclopiche, che durano immote da tanti secoli a testimonio della antichissima civiltà e potenza dell’Italia.
Fino a pochi anni fa, sulla vetta si ergeva un vecchio rudere; ora è un ammasso di pietre e calce, giacente sotto la vegetazione dei rovi. Era il casino di caccia della famiglia Carafa – Jacobini, costruita come luogo di svago verso la metà dell’800, quasi contemporanea del ponte monumentale di Ariccia, inaugurato da Pio IX.
Il Bresciano infatti racconta: i due fratelli Iacobini edificarono un Belvedere di mirabile prospettiva. Ivi l’eccellentissimo Sig. Camillo, Ministro del commercio e dei Lavori Pubblici, e il Sig. Gaetano, direttore del gran ponte che si sta costruendo tra l’Ariccia ed Albano, vengono talora a ricrearsi cogli amici; né in vero in tutto l’agro romano puossi trovar luogo di più dilettevole sguardo( poiché egli gira la vista intorno da monte Soratte insino all’isola di Ponza) accogliendo sotto di sé tutto, quant’è vasto, il giro del Lazio”.
I legionari romani, nelle missioni verso Sud e verso Oriente, avevano sulla sommità del Colle l’ultimo punto di avvistamento di Roma, da cui mandavano il loro saluto alla Città eterna ed agli affetti familiari.
Con perspicacia l’arch. V.Melaranci, da un punto di vista geografico, definisce Colle Pardo “cerniera” tra due sistemi territoriali differenti: quello ariccino di valle Ariccia e dell’Appia Antica e quello di Genzano con le Olmate ed il parco ottocentesco degli Sforza Cesarini che introduce al bacino del lago di Nemi. E’ un brano di natura ancora perfettamente integra, salvaguardare la quale può rappresentare la conservazione di quel corridoio ambientale che salda il lago di Nemi con i trenta ettari immacolati di Parco Chigi, ultimo lacerto delle antiche selve castellane”.
L’autore poi aggiunge: Il territorio italiano si è impoverito nei suoi più profondi significati proprio perché ha cancellato quella che era la vera ricchezza del paesaggio storico e ambientale. Vale a dire la rete delle connessioni, le relazioni storiche che si sono stampate nel nostro ambiente modellando storicamente i paesaggi umani. Mi riferisco alle percorrenze storiche con i suoi tracciati viari antichi, alle testimonianze della cultura materiale, ai percorsi delle transumanze, alle sorgenti ecc.
Il Piano Quadro, presentato dall’Associazione, vuole riannodare questi legami con le tradizioni locali, aprendo questo quadro naturale di assoluta bellezza al sistema viario antico delle transumanze e del popolo religioso, che da Roma veniva, lungo l’Appia Antica, fino al tempio di Diana sul lago di Nemi, per i voti di fertilità; e al sistema viario seicentesco delle Olmate di Genzano. Per Ariccia, suggerisce Melaranci, il Colle può essere visto come il ponte verde verso Genzano, il contrappunto naturale dell’opposto ponte monumentale. Guardando il profilo arriccino da Ginestreto, infatti, Collepardo è il contrappeso visivo del ponte di pietra, anch’esso elemento di congiunzione con un altro sistema, che è quello albanese.
Per questi complessi valori stratificati, Colle Pardo a pieno merito potrebbe essere inserito, come tappa ineludibile, nel percorso della via Francigena del sud, in particolare nel tratto che da Fossanova (LT), attraverso due direttrici che si riuniscono a Nemi, ha per meta Roma.